Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita… Io non so ben ridir com’io v’entrai tant’era pieno di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. (Cfr. Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, I canto, vv. 1-3, 10-12). Non è una storia di sette secoli fa, è una storia di oggi. De te fabula narratur, questa favola parla proprio di me! Adesso! (Cfr M.Martinelli, Coro, Akropolis Libri, Genova 2023, 28) Hai da accendere? Da accendere il coro di persone che “mettono in vita” la loro arte per passare dall’io al noi nella ricerca di luce? Di verità e di pace? Di libertà?
Osservo foglie accese di luce calda, tremanti ai primi venti freddi d’inverno e mi incanto. Da una finestra che si apre a ponente, quando il cielo si tinge di colori che aumentano la temperatura della giornata, tutto appare meravigliosamente armonico ai miei occhi. Ogni angolo del creato riflette una sapienza che supera i confini della mia mente e genera desiderio di ricerca, di bellezza che mai sazia. Ma nelle correnti che agitano rami e fogliame, percepisco cori alterni di gemiti della creazione che prega e che soffre. E il richiamo di Dio perché nel mondo sia pace! Cos’è che disperde i migliori desideri di pace? Provo a rispondere seguendo coordinate comuni, ma quel vento che arriva come un gemente sussurro, sollecita in me un movimento inedito. E mi guardo dentro. E chiamo per nome i conflitti che lacerano le mie giornate. Ma la pace sarà determinata dalla loro assenza? Conflitti tra carne e spirito, che rivelano resistenza e Presenza. Presenza di Qualcuno con cui conversare in verità e libertà. E nel mezzo del cammin assaporo il prezzo del mettersi a nudo nell’abbraccio del Presente; ed esploro altezze che sono profondità, raggiunte in un istante prezioso, silenzioso ma più eloquente di voci in tumulto tra strade e piazze, che manifestano pace in cori e colori. Sì, la pace viaggia attraverso cori e colori, dopo aver percorso quelle intime vie in cui si impara a chiedere e consegnare tutto di sé, a riconciliarsi con Dio, sé stessi, con il fratello/amico in cammino, con un “creato per noi”. La pace, dono di Dio che sorpassa ogni intelligenza (Fil 4,7), mi raggiunge guardando una foglia mossa dal vento, un fiore che sfida intemperie e, proteso al cielo, riceve il bacio di un timido raggio di sole. Intelligenza sorpassata da una sapienza antica che divinamente è presente e trabocca dalla preghiera incessante; come pace donata dal Risorto, attraversa le mura della paura. E Dio si prende cura di me e in me di tutti coloro che incontro e, può mai esserci un confine invalicabile? Mi interrogo sui miei desideri più nascosti, conservati in scrigni che non possono restare chiusi. La pace non è fatta di parole, la pace richiede sudore di conversione. Di tutti e di ciascuno. Sì, è tempo di guardarsi dentro per guardare il “fuori” con occhi “giusti” e fermezza di opere buone. Mi riconosco guardata, conosciuta profondamente da Colui che ha disegnato “le mie viscere”: mi scopro resa capace di guardare dentro l’altro con quella nudità da pregiudizi, difficile da conservare, ma esperienza che resta dentro come un indelebile accento armonico. Così, la legge dell’amore meditata giorno e notte tra le pagine della Parola di Dio e le libertà che da essa germogliano come nuovi linguaggi che esprimono meravigliosamente conoscenze e certezze, sono calde scintille che possono accendere cori di voci dispari, ascolto reciproco e un cercarsi rincorrendosi al giusto ritmo, sulla stessa linea melodica. La pace: etica di condivisione, di partecipazione, di “licenze creative”.
Regole e licenza, percorse entrambe al massimo grado, in modo che emergano l’immaginazione del singolo e la forza potente del gruppo, l’una ad alimentare l’altra e viceversa: l’io e il noi. Che cosa di più antico? Cosa di più nuovo? Il risuonare cosmico, sacro e santo, di lingue “tutte splendide”, diverse e cariche di storia (Cfr. M. Martinelli, op. cit. 32-33 Quelle foglie così luminose di riflessi caldi, continuano a interpellarmi con i loro movimenti sincronici al soffio del vento: nessuna di esse è così sazia di stagioni da lasciare il ramo da cui ancora succhia linfa. Non voglio addormentarmi e risvegliarmi nella notte, senza punti di riferimento, colori, vita che si muove. Voglio vivere l’incanto dell’amore di Dio che mi raggiunge e mi istruisce, voglio restare desta! Pace, aspirazione essenziale, vita che si espande in una società affamata di bene: l’uomo è fatto per la pace che è dono di Dio (Benedetto XVI – XLVI G.M. della pace, 2013 – n°1) una beatitudine che è promessa realizzabile per coloro che si lasciano guidare dalle esigenze della verità, della giustizia, dell’amore. (Cfr. Ibid. n°2). La bellezza di quel ramo proteso al cielo, mi racconta la bellezza di vivere con gli altri e per gli altri, la bellezza di un Dio fatto uomo che mi condivide la sua vita traboccante ovunque questa venga accolta con cuore aperto al trascendente. Voglio restare desta, per non lasciarmi contaminare da polveri mortali che distruggono in campi aperti e in cuori chiusi, tutta quella beatitudine di cui siamo chiamati a farci eredi. Voglio restare desta e scorgere sempre quel positivo reale che è innato in ogni cuore, in ogni uomo creato ad immagine di Dio: voglio essere partecipe di crescite edificanti nel processo di incarnazione continuo delle Sacre pagine di Vita. Una mentalità della pace! Come potrò io, nella mia piccola stanza orientata a ponente, contribuire a crearla? Dramma e speranza di una coscienza umana in cui Dio suggerisce verità: pace che passa attraverso cuori pacificati e contagia con la sua fermezza, cuori tiepidi o induriti. Beatitudine pacifica che già su questa terra, anticipa libertà di vivere e di amare:
Or accordiamo a tanto invito il piede; procacciam di salir pria che s’abbui, ché poi non si poria, se ‘l dì non riede». Ora affrettiamoci a raccogliere il suo invito; cerchiamo di salire prima che faccia buio, poiché dopo sarebbe impossibile prima che il giorno ritorni». senti’mi presso quasi un muover d’ala
e ventarmi nel viso e dir: ‘Beati pacifici, che son sanz’ira mala!’. (Cfr Dante Alighieri, Divina Commedia, XVII Purgatorio, 63-69). È necessario salire prima che faccia buio: battiti d’ala e soffio di vento, preparano l’ascolto dell’annuncio Beati i mansueti, che sono privi di ira malvagia! Ciascun confusamente un bene apprende nel qual si queti l’animo, e disira; per che di giugner lui ciascun contende. (Ibid. 129). Verifichiamo confusione di percezioni: questo bene supremo, come potremo raggiungerlo? Ma quella sapienza sempre all’opera, prende per mano il desiderio e lo sollecita a scaldare quella debole scintilla d’amore. L’amore appassionato per Dio diventa amore appassionato per tutto ciò che Egli ha creato: per tutti gli uomini, per ogni luogo del suo dominio. Rallegriamoci tutti nel Signore, perché è nato nel mondo il Salvatore! Oggi la vera pace è discesa dal Cielo. Un grido del tempo di Natale che sembra non allinearsi con quei venti freddi che giungono al mio orecchio come gemiti dell’inverno della fede. Dov’è ora il giubilo delle schiere celesti, dov’è la beatitudine silente della notte santa? Dov’è la pace in terra? “Pace in terra agli uomini di buona volontà”. Ma non tutti sono di buona volontà. Per questo il Figlio dell’eterno Padre dovette scendere dalla gloria del cielo, perché il mistero dell’iniquità aveva avvolto la terra.
Le tenebre ricoprivano la terra, ed Egli venne come la luce che illumina le tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolto. A quanti lo accolsero Egli portò la luce e la pace; la pace col Padre celeste, la pace con quanti come essi sono figli della luce e figli del Padre celeste, e la pace interiore e profonda del cuore; l’incanto della bellezza che mi parla di Dio, come l’incanto del Bambino nella mangiatoia non deve velare ai nostri occhi. Il mistero dell’incarnazione e il mistero del male sono strettamente uniti. Alla luce, che è discesa dal cielo, si oppone tanto più cupa e inquietante la notte del peccato. “Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati”.
Dove il Bambino divino intenda condurci sulla terra è cosa che non sappiamo e a proposito della quale non dobbiamo fare domande prima del tempo. Una cosa sola sappiamo, e cioè che a quanti amano il Signore tutte le cose ridondano in bene. E inoltre che le vie, per le quali il Salvatore conduce, vanno al di là di questa terra. Egli è divenuto uno di noi, anzi di più ancora, una cosa sola con noi.
Questa è, infatti, la cosa meravigliosa del genere umano, il fatto che siamo tutti una cosa sola. Se le cose stessero diversamente, la caduta dell’uno non si sarebbe tirata dietro la caduta di tutti gli altri. Egli è il nostro capo, noi le sue membra. Se mettiamo le nostre mani nelle mani del Bambino divino e rispondiamo con un “sì” al suo “Seguimi”, allora siamo suoi, è libera la via perché la sua vita divina possa riversarsi in noi.
Non è ancora la contemplazione beata di Dio nella luce della gloria; è ancora l’oscurità della fede, però la nostra vita non è più di questo mondo ed è già un’esistenza nel regno di Dio.
Essere una cosa sola con Dio: questa è la prima cosa. Ma una seconda ne segue immediatamente. Se nel corpo mistico Cristo è il capo e noi le membra, allora noi siamo membra gli uni degli altri, e tutti insieme siamo una cosa sola in Dio, una vita divina. Se Dio è in noi e se egli è amore, allora non possiamo che amare i fratelli. Per questo il nostro amore del prossimo è la misura del nostro amore di Dio. Per il cristiano non esiste alcun “estraneo”. (Cfr. Edith Stein, Teresa Benedetta della Croce, Carm. Conferenza per l’Associazione cattolica di Ludwigschafen, 1931).
E tu, ai da accendere?
Sr M. Daniela del Buon Pastore
Carmelitane di Cerreto di Sorano (GR)